formikaio

rèmore

7luglio2000

voce, ritmo e un pretesto per lanciare un grido più in alto e illuminarti a fondo e mostrare il lato peggiore, e scendere come lama affilata e riemergere sporco del tuo sangue, nel riassunto di una giornata tanto comune quanto viscidamente ossessionata dalla sua normalità

cerchi nell'acqua si allargano fino a morire di se stessi, e cresce l'orgoglio di sempre e muore ogni senso di giustizia e ancora fiaccole illuminano la parte di te cui basta rimirarsi in uno specchio appeso al muro di mattoni, quel muro che sai essere l'inganno eterno del pudore, l'amore disturbato e deviante e soprattutto puro, l'amore che rifiuti di mostrare anche al tuo cervello, e ancora l'unica parte di te sincera nel profondo, l'osceno arcaico rituale della rinuncia al mondo esterno

e voce e
luce, e d'improvviso sei di fronte a ciò che eri, e un disgusto assale ancora la tua mente, e sei già oltre il muro del segreto e calpesti la tua squallida realtà e aumenti il passo ed ora fuggi lontano, ma ricorderai domani, domani se non prima

cerchi ancora uno spiraglio per comprendere il mistero cui giri intorno, ma nell'attimo un miracolo non nasce, già senti la coscienza che reclama, quindi asciugati le lacrime e guarda altrove, altrove

 

27novembre2001

buonasera lady calma
assisa come neve nel tuo letto di bambina,
d'accompagno a dolci oltraggi
ti reco volentieri tristi umori
come sintomi selvaggi


solo occhiali nudi e guanti neri
tra i miei omaggi, strappano veloci
complimenti insinceri come valvole di sfogo
e sabbia invade gli ingranaggi

sono niente, sono intorno
dentro la speranza che sia presto giorno
sono il ballo del mirino alle spalle del cecchino
già riverso, arso, scomodo
porto caldi suoni in circolo
sono il gallo da combattimento
sbattuto contro il cordolo
nella fossa di cemento


non ho pietà verso altri che me stesso
chiudo gli occhi e arriva il giorno
sono il nesso, allo stremo
non ho altro in corpo oltre a ciò che temo

 

13dicembre2001

C'è un muro, le fiamme alle spalle, un vento dannato che spoglia le balle di fieno, il sole è passato e nessuno sembra essersene accorto, gli uccelli in volo continuano a brucare le nuvole, ogni tanto un aereo disegna un saluto. Se non ci fosse il muro starei sdraiato per terra, sto succhiando le ultime gocce di zucchero dallo stelo di un soffione a petali violetti, non posso avere più di dieci anni. Il fuoco prende bene, ogni tanto arriva quasi a lambirmi, le foglie di palma fanno il loro dovere, il fumo lancia segnali al cielo, nessuno risponde. Il fuochista riposa, cerca il confine di un paesaggio sterminato, il fuochista che è in me si vede piccolo come una pennellata in questo quadro di campagna di fine anni ottanta. Il fuoco crepita, è il protagonista ora che il sole è spento, voglio dargli forza e mi arrampico sul monte di fascine alla ricerca di un fascio secco e robusto, lo trovo e lo lancio dall'alto, un volo di tre metri che quasi scassa il fuoco, ma tempo un minuto tutto riprende più vita di prima. Spensierato e leggero, getto sguardi sullo stesso mondo di prima, tre metri più in basso. Tutto cambia come niente, da qui posso vedere le galline che arano il campo di bocce e la vigna, i loro versi e i colori, e respirarli a fondo. In tempo appena per scappare verso la voce che mi chiama, ti lascio un saluto, spero mi vedrai, sono qui all'ombra della mimosa e agito la mano, guarda meglio, sono proprio qui, al centro del quadro.

 

1gennaio2002

voglio che sia gelo, che il gelo scenda e ci domini tutti,
che il gelo conservi o deformi i nostri volti non m'importa,
voglio che ci fermi i pensieri e i movimenti,
voglio che Annarella venga a spengerci,
che ci addormenti all'istante cantando il suo sogno infranto

 

2gennaio2002
voci nella brina

giochiamo intorno a noi come fosse vita d'altri,
siamo braccia intorno a braccia
silenziose, ci stringiamo sottovoce
per non disturbare il vuoto che culliamo,
custodito, incatenato,
come il fato dentro agli occhi
del viandante in via statuto,
muto, immobile, riverso sulle strisce, incolpevole,
abbattuto senza logica e sbattuto a fondo pagina

tutti uguali, tutti uguali a nessun altro,
siamo i numeri e le facce lucenti
di un dado d'avorio che non sarà mai lanciato,
come fosse buio
neanche più i vestiti ci distinguono,
a passi stentati guadagnamo il posto più nascosto
nel coro d'angeli stonati a cielo aperto,
siamo voci nella brina che risuona
e lentamente sta svanendo

 

26gennaio2002
novella

è un gioco sottile di anime slavate,
un gioco di perle preziose,
mi vesto d'ira e di tormento
per scontare il silenzio
che ogni goccia di notte racconta

è un gioco che non mi appartiene
come nuove ed antiche catene che scuoto
saggiandone il peso

l'incanto reale scompare,
i miei molti lamenti si aggregano
nell'attimo in cui si apprestano a lasciarmi

 

8febbraio2002

per quanto tempo ancora, finchè vorremo
proprio ora oggi qui seduto sdraiato per terra del tutto a rovescio,
neanche una metafora a cui aggrapparmi, solo come uno che sta solo
bassa tensione e sculture di polvere
scompiglio, sospiri e frumento tra foglie dal colore stanco
follie silenziose come dita incerte scorrono sul tuo giaciglio
un girotondo di parole tutto intento a calpestarmi si ridesta
dall'ossessa voluttà di grande e fragile bellezza
poi mi prende per le mani, oltre i vostri sguardi bassi
mentre l'io che fugge e ciondola ti cerca tra le ombre, lenti sporche e ottuse
e nella scia dei fari mi illudi, la mia maschera dischiude fredde labbra ma tace
in questa sera senza rima nè ritmi le strade scorrono via dalla mia culla vuota,
non ho niente di così vicino, costantemente degradato
mosso, mosso da qualcuno o qualcosa, ma non in viaggio perchè senza meta

 

15marzo2002

lettere d'asfalto immerse più che pece in sensazioni d'abbandono, ascolto distante, distratto da niente, sconvolto, digiuno oramai, intruso stelo lucente bagnato dal sapore della notte

fango di carte nel paesaggio disordinato della piazza dominata dalla pioggia, lunedì mattina, la luce nascosta dai palazzi ripiega lontano dalla festa passata, tesi passi attraversano le ombre, come pensieri torbidi sospesi ricamati distrutti lasciati scemare, disturbati,

sonori, a loro modo, latenti come segreti che riaffiorano, il tempo di lasciarsi ricordare e poi di nuovo giù in fondo alla gola, mi è sembrato di parlare nella lingua dei sonnambuli ma di certo avrò taciuto, fermo, distolto, dissoluto, al centro della piazza il cauto monumento dà le spalle ai miei ornamenti, continuo a cercare, gli occhi sbarrati sotto palpebre serrate, di fronte al buio

grido

 

22marzo2002

i giorni si accumulano come il sonno perso sono il presente sono il qui e ora splendidamente incompiuto il presente si presenta senza un'ombra d'indulgenza di altri tempi vivo orgogliosamente rigogliosamente vivo e informe ciò che è rimasto nel cassetto non rinviene fino ad ora

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