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Testi FRANCESCO GUCCINI - METROPOLIS (1981)


FRANCESCO GUCCINI - METROPOLIS (1981)

SONGLIST:
Bisanzio 
Venezia 
Antenor 
Bologna 
Lager 
Black Out 
Milano ( Poveri Bimbi ) 



 
BISANZIO 
   
Anche questa sera la luna � sorta 
affogata in un colore troppo rosso e vago, 
Vespero non si vede, si � offuscata, 
la punta dello stilo si � spezzata. 
Che oroscopo puoi trarre questa sera, Mago? 
Io Filemazio, protomedico, matematico, astronomo, forse saggio, 
ridotto come un cieco a brancicare attorno, 
non ho la conoscenza od il coraggio 
per fare quest' oroscopo, per divinar responso, 
e resto qui a aspettare che ritorni giorno 
e devo dire, devo dire, che sono forse troppo vecchio per capire, 
che ho perso la mia mente in chiss� quale abuso, od ozio, 
ma stan mutando gli astri nelle notti d' equinozio. 
O forse io, forse io, ho sottovalutato questo nuovo dio. 
Lo leggo in me e nei segni che qualcosa sta cambiando, 
ma � un debole presagio che non dice come e quando... 
Me ne andavo l' altra sera, quasi inconsciamente, 
gi� al porto a Bosphoreion l� dove si perde 
la terra dentro al mare fino quasi al niente 
e poi ritorna terra e non � pi� occidente: 
che importa a questo mare essere azzurro o verde? 
Sentivo i canti osceni degli avvinazzati, 
di gente dallo sguardo pitturato e vuoto... 
ippodromo, bordello e nordici soldati, 
Romani e Greci urlate dove siete andati... 
Sentivo bestemmiare in Alamanno e in Goto... 
Citt� assurda, citt� strana di questo imperatore sposo di puttana, 
di plebi smisurate, labirinti ed empiet�, 
di barbari che forse sanno gi� la verit�, 
di filosofi e di eteree, sospesa tra due mondi, e tra due ere... 
Fortuna e et� han deciso per un giorno non lontano, 
o il fato chiederebbe che scegliesse la mia mano, ma... 
Bisanzio � forse solo un simbolo insondabile, 
segreto e ambiguo come questa vita, 
Bisanzio � un mito che non mi � consueto, 
Bisanzio � un sogno che si fa incompleto, 
Bisanzio forse non � mai esistita 
e ancora ignoro e un' altra notte � andata, 
Lucifero � gi� sorto, e si alza un po' di vento, 
c'� freddo sulla torre o � l' et� mia malata, 
confondo vita e morte e non so chi � passata... 
mi copro col mantello il capo e pi� non sento, 
e mi addormento, mi addormento, mi addormento...  




VENEZIA 
   
Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare, 
la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia, la vende ai turisti, 
che cercano in mezzo alla gente l' Europa o l' Oriente, 
che guardano alzarsi alla sera il fumo - o la rabbia - di Porto Marghera... 
Stefania era bella, Stefania non stava mai male, 
� morta di parto gridando in un letto sudato d' un grande ospedale; 
aveva vent' anni, un marito, e l' anello nel dito: 
mi han detto confusi i parenti che quasi il respiro inciampava nei denti... 
Venezia � un' albergo, San Marco � senz' altro anche il nome di una pizzeria, 
la gondola costa, la gondola � solo un bel giro di giostra. 
Stefania d' estate giocava con me nelle vuote domeniche d' ozio. 
Mia madre parlava, sua madre vendeva Venezia in negozio. 
Venezia � anche un sogno, di quelli che puoi comperare, 
per� non ti puoi risvegliare con l' acqua alla gola, e un dolore a livello del mare: 
il Doge ha cambiato di casa e per mille finestre 
c'� solo il vagito di un bimbo che � nato, c'� solo la sirena di Mestre... 
Stefania affondando, Stefania ha lasciato qualcosa: 
Novella Duemila e una rosa sul suo comodino, Stefania ha lasciato un bambino. 
Non so se ai parenti gli ha fatto davvero del male 
vederla morire ammazzata, morire da sola, in un grande ospedale... 
Venezia � un imbroglio che riempie la testa soltanto di fatalit�: 
del resto del mondo non sai pi� una sega, Venezia � la gente che se ne frega! 
Stefania � un bambino, comprare o smerciare Venezia sar� il suo destino: 
pu� darsi che un giorno saremo contenti di esserne solo lontani parenti...  




ANTENOR 
   
Si chiamava Anten�r e niente, si chiamava Anten�r e basta 
perch� per certa gente non importa grado o casta, 
importa come vivi, ma forse neanche quello, 
importa se sai usare bene il laccio od il coltello... 
Anten�r usc� di casa, usc� di casa quella sera, 
garrivano i suoi pensieri come fossero bandiera, 
ma gli occhi erano fessura e il viso tirato a brutto, 
come all' et� in cui credi d'aver fatto quasi tutto... 
Un cavallo nitr�, ma quando? Una donna rise, ma dove? 
La luna uno scudo bianco, un carro le stanghe in alto, 
chitarra, ozio, parole, chitarra, ozio, parole, 
la pampa un ricordo stanco, un mare quell'erba nera, 
pu� darsi fosse romantico, ma lui non lo sapeva, 
ma lui non lo sapeva, ma lui non lo sapeva... 
Quella donna rideva ad ore, quella luna solo uno sputo 
e per quel cavallo non avrebbe speso anche un minuto, 
� difficile far rumore sulle cose che ci hai ogni giorno, 
le tue braghe, il tuo sudore e l'odore che porti attorno... 
La cantina era quasi vuota, scarsa d' uomini e d' allegria: 
se straniero l' avresti detta quasi piena di nostalgia. 
Nostalgia ma di che cosa, d' un oceano mai guardato, 
di un' Europa mai sentita, d' un linguaggio mai parlato? 
Anten�r chiese da bere e scambi� qualche saluto, 
calmo e serio danz� tutto il rituale ormai saputo 
uomo e uguale coi suoi pari quasi pari con gli anziani, 
come breve quella sera, come lunghi i suoi domani. 
Proprio allora qualcuno entrando nella luce da dentro al buio 
lo insult� appena sussurrando, ma sembrava che stesse urlando 
come per uno schiaffo, come per uno sputo... 
Anten�r lo guard� sorpreso, lo studi� e non lo conosceva 
e il motivo rest� sospeso fra la gente ferma in attesa 
e lui non lo sapeva, e lui non lo sapeva. 
Poi sent� di una donna il nome, gi� scordato o non conosciuto 
quante volte per altri � vita quello che per noi � un minuto; 
guard� gli uomini per cercare occhi, dialogo, spiegazione, 
ma se non trov� condanne, non trov� un'assoluzione... 
Anten�r usc� di fuori bilanciando il suo coltello 
per danzare malvolentieri passi e ritmi del duello: 
una donna non ricordata ed un uomo mai visto prima 
lo legavano tra loro come versi con la rima. 
Fint� basso e scart� di lato, quanti sguardi sent� sul viso 
si sent� migliore e stanco, si sent� come un sorriso 
che serata tutta al contrario, proprio niente da ricordare, 
punt� il ferro contro il viso, vide il sangue zampillare. 
Tutto quanto era stato un lampo, Anten�r respirava forte 
fece il gesto di offrir la mano, guard� l'altro e cap� pian piano 
che tutto era stato invano, che l'altro cercava morte 
e cap� che doveva farlo, farlo in fretta perch� non c' era 
un motivo per ammazzarlo, l' altro cadde e non rispondeva 
e lui non lo sapeva, e lui non lo sapeva. 
Anten�r lo guard� cadere, sent� dire "la colpa � mia", 
sent� dire "� stato un uomo", sent� dire "fuggi via!" 
La giustizia disse "bandito", ma un poeta gli avrebbe detto 
che era come l' Ebreo errante, come il Batavo maledetto... 
Quante volte ci � capitato di trovarci di fronte a un muro, 
quante volte abbiam picchiato, quante volte subito duro, 
quante cose nate per sbaglio, quanti sbagli nati per caso, 
quante volte l' orizzonte non va oltre il nostro naso, 
Quante volte ci sembra piana, mentre sotto gioca d'azzardo, 
questa vita che ci birilla come bocce da biliardo, 
questa cosa che non sappiamo, questo conto senza gli osti, 
questo gioco da giocare fino in fondo a tutti i costi...  




BOLOGNA
   
Bologna � una vecchia signora dai fianchi un po' molli 
col seno sul piano padano ed il culo sui colli, 
Bologna arrogante e papale, Bologna la rossa e fetale, 
Bologna la grassa e l' umana gi� un poco Romagna e in odor di Toscana... 
Bologna per me provinciale Parigi minore: 
mercati all' aperto, bistrots, della "rive gauche" l' odore 
con Sartre che pontificava, Baudelaire fra l' assenzio cantava 
ed io, modenese volgare, a sudarmi un amore, fosse pure ancillare. 
Per� che Boh�me confortevole giocata fra casa e osterie 
quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie... 
Oh quanto eravamo poetici, ma senza pudore e paura 
e i vecchi "imberiaghi" sembravano la letteratura... 
Oh quanto eravam tutti artistici, ma senza pudore o vergogna 
cullati fra i portici cosce di mamma Bologna... 
Bologna � una donna emiliana di zigomo forte, 
Bologna capace d' amore, capace di morte, 
che sa quel che conta e che vale, che sa dov' � il sugo del sale, 
che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita... 
Bologna � una ricca signora che fu contadina: 
benessere, ville, gioielli... e salami in vetrina, 
che sa che l' odor di miseria da mandare gi� � cosa seria 
e vuole sentirsi sicura con quello che ha addosso, perch� sa la paura. 
Lo sprechi il tuo odor di benessere per� con lo strano binomio 
dei morti per sogni davanti al tuo Santo Petronio 
e i tuoi bolognesi, se esistono, ci sono od ormai si son persi 
confusi e legati a migliaia di mondi diversi? 
Oh quante parole ti cantano, cullando i clich� della gente, 
cantando canzoni che � come cantare di niente... 
Bologna � una strana signora, volgare matrona, 
Bologna bambina per bene, Bologna "busona", 
Bologna ombelico di tutto, mi spingi a un singhiozzo e ad un rutto, 
rimorso per quel che m' hai dato, che � quasi ricordo, e in odor di passato...  




LAGER 

Cos'� un lager? 
E' una cosa nata in tempi tristi, dove dopo passano i turisti, 
occhi increduli agli orrori visti... "non gettar la pelle del salame!"... 
Cos'� un lager? 
E' una cosa come un monumento e il ricordo assieme agli anni � spento, 
non ce n'� mai stati, solo in quel momento, l' uomo in fondo � buono, meno il nazi infame! 
Ma ce n'�, ma c'� chi li ha veduti o son balle di sopravvissuti? 
Illegali i testimoni muti, non si facciano nemmen parlare! 
Cos'� un lager? 
Sono mille e mille occhiaie vuote, sono mani magre abbarbicate ai fili, 
son baracche, uffici, orari, timbri e ruote, son routine e risa dietro a dei fucili, 
sono la paura, l' unica emozione, sono angoscia d' anni dove il niente � tutto, 
sono una pazzia ed un' allucinazione che la nostra noia sembra quasi un rutto, 
sono il lato buio della nostra mente, sono un qualche cosa da dimenticare, 
sono eternit� di risa di demente, sono un manifesto che si pu� firmare... 
E un lager, cos'� un lager? 
Il fenomeno ci fu. E' finito! Li commemoriamo, il resto � un mito! 
l'hanno confermato ieri gi� al partito, chi lo afferma � un qualunquista cane! 
Cos'� un lager? 
E' una cosa sporca, cosa dei padroni, cosa vergognosa di certe nazioni, 
noi ammazziamo solo per motivi buoni... quando sono buoni? Sta a noi giudicare! 
Cos'� un lager? 
E' una fede certa e salver� la gente, l' utopia che un giorno si far� presente 
millenaria idea, gran purga d' occidente, chi si oppone � un giuda e lo dovrai schiacciare! 
Cos'� un lager? 
Son recinti e stalli di animali strani, gambe che per anni fan gli stessi passi, 
esseri diversi, scarsamente umani, cosa fra le cose, l' erba, i mitra, i sassi, 
ironia per quella che chiamiam ragione, sbagli ammessi solo sempre troppo dopo, 
prima sventolanti giustificazioni, una causa santa, un luminoso scopo, 
sono la furiosa prassi del terrore sempre per qualcosa, sempre per la pace, 
sono un posto in cui spesso la gente muore, sono un posto in cui, peggio, la gente nasce... 
E un lager... 
E' una cosa stata, cosa che sar�, pu� essere in un ghetto, fabbrica, citt�, 
contro queste cose o chi non lo vorr�, contro chi va contro o le difender�, 
prima per chi perde e poi chi vincer�, uno ne finisce ed uno sorger� 
sempre per il bene dell'umanit�, chi fra voi kap�, chi vittima sar� 
in un lager?  




BLACK OUT 
   
La luce � andata ancora via, ma la stufa � accesa e cos� sia, 
a casa mia tu dormirai, ma quali sogni sognerai 
con questa luna che spaccher� in due le mie risate e le ombre tue, 
i miei cavalli ed i miei fanti, il tuo Hesse sordo ed i tuoi canti, 
tutti i ghiaccioli appesi ai fili, tutti i miei giochi e i tuoi monili, 
i campanili, i pazzi, i santi e l'allegria. 
E non andr� il televisore, cosa faremo in queste ore? 
Rumore attorno non si sente, gochiamo a immaginar la gente, 
corriamo a fare gli incubi indiscreti, curiosi d' ozi e di segreti, 
di quei pensieri quotidiani che a notte il sonno fa lontani 
o che nel sogno sopra a un viso diventan urlo od un sorriso, 
il paradiso, inferno, mani, l' odio e amore. 
Avessi sette vite a mano in ogni casa entrerei piano 
e mi farei fratello o amante, marito, figlio, re o brigante 
o mendicante o giocatore, poeta, fabbro, Papa, agricoltore. 
Ma ho questa vita e il mio destino, e ora cavalco l'appennino 
e grido al buio pi� profondo la voglia che ho di stare al mondo: 
in fondo � proprio un gran bel gioco a far l'amore tanto e non bere poco. 
E questo buio, che sollievo, ci dona un altro medioevo, 
io levo dall' oscurit� tutta la nostra civilt�, 
velocit� di macchine a motore, follia di folla e di rumore 
e metto ritmi pi� lontani, di bestie, legni, suoni umani, 
odore d'olio e di candele, frusc�o di canapi e di vele, 
il miele, il latte, i pani e il vino vero. 
Ma chiss� poi se erano quelli davvero tempi tanto belli 
o caroselli che giriamo per l' incertezza che culliamo 
in questa giostra di figure e suoni, di luci e schermi da illusioni, 
di baracconi in bene o in male, di eterne fughe dal reale 
che basta un po' d' oscurit� per darci la serenit�, 
semplicit�, sapore, sale e ritornelli. 
Non voglio tante vite a mano, mi basta questa che viviamo, 
comuni giorni intensi o pigri, gli specchi ambigui dei miei libri, 
le tigri della fantasia, tristezza ed ottimismo ed ironia. 
Ma quante chiacchiere stavolta, che confusione a ruota sciolta, 
lo so che � un pezzo che parliamo, ma � tanto bello, non dormiamo, 
beviamo ancora un po' di vino, che tanto tra due sorsi � gi� mattino. 
Su sveglia e guardati d' attorno, sta gi� arrivando il nuovo giorno, 
lo storno e il merlo son gi� in giro, non vorrai fare come il ghiro... 
Non c'� black-out e tutto � ormai finito e il vecchio frigo � ripartito, 
con i suoi toni rochi e tristi scatarra versi futuristi... 
Lo so siam svegli ormai da allora, ma qualche cosa manca ancora... 
finiamo in gloria amore mio che dopo, a giorno fatto, dormo anch'io...  




MILANO ( POVERI BIMBI) 
   
Quando son nato io pesavo sei chili, 
avevo spalle da uomo e mani grandi come badili. 
Quando son nato io eran davvero tempi cupi 
e le mie strade erano piene di iene e di lupi. 
Quando son nato io la morte stringeva la vite 
e la gente del mondo ingoiava cordite... 
Poveri bimbi di Milano, coi vestiti comprati all' Upim, 
abituati ad un cielo a buchi che vedete sempre pi� lontano. 
Poveri bimbi di Milano, cos� fragili, cos� infelici, 
che urlate rabbia senza radici con occhi tinti e con niente in mano. 
Poveri bimbi di Milano, derubati anche di speranza, 
che danzate la vostra danza in quello zoo metropolitano. 
Poveri bimbi di Milano, con fazzoletti come giardini, 
poveri indiani nella riserva, povere giacche blu questurini... 
Quando son nato io c' era la fame nera 
e la vita d' ognuno tirava il lotto ogni sera. 
Quando son nato io le citt� erano cimiteri 
e la primavera sbocciava sopra ai morti di ieri. 
Quando son nato io alla fine ci fu gran festa 
e l' uomo si svegli� dal sonno, apr� gli occhi e rialz� la testa... 
Poveri bimbi di Milano dall' orizzonte sempre coperto, 
povera sete di libert� costretta a vivere nel deserto. 
Poveri bimbi di Milano dalle musiche come un motore, 
col pi� terribile dei silenzi la solitudine del rumore. 
Poveri bimbi di Milano, figli di padri preoccupanti 
con un esistere da nano e nella mente sogni giganti. 
Poveri bimbi di Milano, numerosi come minuti, 
viaggiatori di mete fisse, spettatori sempre seduti... 
Quando son nato io, come capita a tutti, 
il tempo uguale e incurante imponeva i suoi frutti. 
Quando son nato io nel rogo di San Silvestro 
si bruciava il passato e il peccato col resto. 
Quando rinasceremo, come il sogno d' un uomo, 
bruceremo il futuro in piazza del Duomo...  




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