riforma elettorale

Riforma della legge elettorale italiana

riforma elettorale

Il proprio compleanno reca sempre una sensazione di libertà, e la libertà è partecipazione, e la partecipazione può essere politica, e la politica dovrebbe avere una buona legge elettorale.

Oggi è il mio compleanno, e voglio recuperare una vecchia idea di illustrare le idee politiche con linguaggio semplice. Era il capodanno 2008, la testa era di Giancarlo e io ci mettevo giusto la penna.

1° gennaio 2008

Si fa un gran parlare della riforma della legge elettorale italiana.

Mi par giusto iniziare l’anno affrontando questo tema. Segue la trascrizione di ciò che ho appreso oggi pomeriggio dal Guru Marcone/Marconio. Ogni fesseria è certamente dovuta a me. Con l’aiuto del Bastone e della Carota.

Sistema tedesco

L’attenzione dei più è rivolta al sistema cosiddetto tedesco, cioè ad un sistema proporzionale senza alcun premio di maggioranza e con sbarramento (5%). In realtà, il sistema tedesco è un po’ più complesso: per assurdo che possa sembrare, è un sistema interamente proporzionale, ma è basato su collegi uninominali.

In ogni collegio viene eletto un solo parlamentare, quello che prende più voti. Partendo dal numero di parlamentari eletti in questo modo, vengono aggiunte poltrone per i parlamentari dei singoli partiti, fino a rispecchiare la proporzione di voti che hanno raggiunto su base nazionale.

Una simpatica conseguenza è che il numero di parlamentari è variabile: in particolare è più alto quanto più sale il divario tra i risultati emersi dai collegi uninominali e quelli del voto proporzionale. Sono esclusi da ogni poltrona i partiti che non abbiano raggiunto la soglia di sbarramento.

Con tale legge elettorale, i giochi si fanno dopo il voto. Una volta saputi i risultati, i partiti si accordano cercando una coalizione di governo. Succede così anche in Polonia.

A chi piace il sistema tedesco? A tutti i piccoli partiti, specialmente quelli di centro, perché gli permette di continuare ad esistere ed essere determinanti chiunque vinca alle urne. Soprattutto perché sono convinti o di poter imporre un quorum più basso del 5% (magari alla fine il 2 o il 3), o di farcela comunque facendo alleanze fasulle fra loro solo per le elezioni.

A chi non piace il sistema tedesco? A chi ha da rimetterci: Veltroni e Berlusconi. Che possono farci questi due? Cercano di contaminare il sistema tedesco in salsa spagnola.

Sistema spagnolo

Come funziona invece in Spagna? La legge elettorale prevede un sistema proporzionale su base circoscrizionale. Lo stato viene suddiviso in tante circoscrizioni (un’ottantina), ognuna delle quali esprime un numero limitato di parlamentari, in media 7.

Lo sbarramento c’è, ma è molto basso, al 3%. In realtà lo sbarramento reale è nel numero di parlamentari espressi da ogni circoscrizione. Se una data circoscrizione, ad esempio, ne esprime 10, il partito che arriva anche al 9%, non guadagna alcun seggio; non solo, la sua quota proporzionale, in tale circoscrizione, sarà “mangiata” dagli altri partiti in “proporzione” alla loro dimensione (quadra, no?).

Il sistema spagnolo funziona, ma non sempre e non si può predire troppo bene in astratto chi se ne avvantaggia. Tendenzialmente garantisce buoni margini ai partiti grandi (un partito sul 30% arriva al 40% dei seggi), deprime i medi partiti (un partito sul 15% si becca a occhio il 10%) e genera uno sbarramento reale intorno all’8%. Tutto questo in funzione della grandezza delle circoscrizioni: più sono grandi e più il gioco viene meno.

Il “Vassallum”

La proposta di Vassallo è di correggere il sistema tedesco introducendo il sistema delle circoscrizioni spagnolo. Simpaticamente, l’effetto collaterale è che il sistema non sarà più tedesco. Introdurre una variazione spagnola nella legge elettorale rende il sistema, di fatto, spagnolo. Con la conseguenza, quindi, dei danni verso i piccoli partiti; ed ecco spiegato perché tutti i piccoli scalpitano su questa “variazione”.

Ovvio che, giocando con le dimensioni, si rende questa variazione più o meno pesante e prevedibile. Vassallo ha dichiarato che nella sua proposta vanno create ciscoscrizioni che vadano ad esprimere non più di 12 parlamentari. Numeri maggiori vanificherebbero l’intento, con lacrime di PD e FI.

Insomma, il Vassallum è un giocattolo pericoloso, ma per i grandi varrà certo la pena. Quindi, si farà?

Il referendum

Si farà il Vassallum? In realtà, non se ne vede la ragione. Sarebbe un brutto colpo di mano Veltroni/Berlusconi contro tutti, e ai due converrebbe invece giocarci e scherzarci aspettando il referendum, che piace ad entrambi (anche se Berlusconi non può dirlo).

Se proprio nel frattempo cadesse Prodi, e di conseguenza il referendum dovesse slittare di un anno, il Vassallum sarebbe una soluzione tampone, magari fatta esprimere da un governuccio tecnico.

Il referendum, in tutto questo gioco, rimane una simpatica piccola incognita. La cassazione ha già fatto il controllo delle firme ed aspettiamo, nelle prossime due settimane, la verifica della Corte Costituzionale. Nel caso sia accettato, in tutta probabilità sarebbe scadenzato per i primi di giugno.

La sostanza del referendum è il trasferimento del premio di maggioranza dalla coalizione vincente al partito vincente. Cancellando un paio di paroline, si butta via l’utilità e lo stesso concetto delle due grandi coalizioni attuali, ed i partitini si adeguerebbero cercando di salire sul PD o sullo speculare partito di Berlusconi. Non che l’utilità del contributo dei partitino, in realtà, sarebbe più poi tanta. E i Due Grandi, potrebbero anche pensare di farne a meno. Un bel vivere senza la schiavitù dei micro-centristi, sia per chi governerà che per chi sarà all’opposizione. E vissero felici e contenti nell’alternanza reciproca, nei secoli dei secoli.

Soluzione comoda, piuttosto che fasciarsi la testa a cambiare la legge elettorale in accordo con tutti, andando pure a rimetterci.

P.S. E alla francese?

Nota finale. Tra Germania e Spagna c’è la Francia. Perché non si prende in considerazione il modello francese, che sotto sotto viene giudicato da tutti il migliore in astratto?

Il sistema francese prevede collegi uninominali con doppio turno di votazione. Più o meno come si fa da noi per eleggere i sindaci dei comuni sopra i 15000 abitanti; per inciso, invece di andare al secondo turno solo in due, passano tutti i candidati che hanno raggiunto almeno il 12,5% del numero di cittadini registrati al voto.

Il sistema garantisce buona governabilità ed il secondo turno assicura poca attenzione per i piccoli partiti (che ci piacerebbe tanto).

Allora perché Berlusconi non lo vuole? Perché il sistema prevede due turni .. e gli elettori di destra, purtroppo, al secondo turno a votare non ci vanno. E’ faticoso. Votare due volte è roba da comunisti.

Premio Giancarlo Doria

Salto in avanti di 10 anni; per ricordare Giancarlo è nato un premio annuale per una tesi di dottorato su un tema attinente al Diritto costituzionale italiano e comparato.

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