formikaio

cattedrale
-agosto 02-

        una preghiera
A te. E ai tuoi cazzo di petali di rose. Tu, le tue pessime poesie e i tuoi pigiami inguardabili. Tu che, a ben vedere, sei ancora vivo nelle piccole cose di ogni giorno. Gli opposti si annichilano.

        le fondamenta della cattedrale
Languida e sublime ebbrezza di fiori di luce e latte, tutto o niente, l'amore
e l'amicizia, quasi. Il vero disturbo è celato,
mi dispiace solo di non avere smesso di amarti per primo.

        il chiostro
La metafora ormai è così di moda che va a finire che uno ci prende gusto, non rinuncia al suo diritto alla parola e raschia e tira fuori in un gran fiato tutta quanta l'immondizia che c'ha in gola, per dare un calcio a quell'idea che la stanchezza è un paradigma, unica fonte di continua ineluttabile opinabile sazietà di giovinezza.

        l'ultimo banco, sullo sfondo, senza schienale
Restiamo distanti intorno a te, esorcizziamo la paura del troppo bene che ci lega alle tue braccia, giochiamo ad ascoltare conversazioni altrui, continuiamo a muoverci. L'antitesi di un uomo è la stasi.

        la luce dall'alto, cade ovunque
Rincorsi volatili vertigini
e fu notte e un mattino deluso mi accolse,
un destino raccolse randagio ogni fioco barlume
come eco in rimando dolente risuona
nel cammino dell'assenza

        la navata centrale
E' scivolata via, lenta, e a dirla tutta forse è meglio così.
Le prime liti, di molti mesi fa, giunsero, come sempre, inaspettate. La franchezza dei miei silenzi non mi faceva onore, ricordo nella testa confusione riguardo il mio diritto di non capire. La rabbia di lei, quando mi toccava, mi paralizzava; altri giorni ne intravedevo schegge nel suo sguardo, ma facevo finta di niente. Avevo troppe domande per la testa e la spiacevole sensazione che sarebbe durata così per sempre, obbligato a dare le più stupide spiegazioni senza una speranza di risollevarmi al suo cospetto; non mi aspettavo comprensione, non da lei, ma non c'era neanche un'ombra di fiducia, in lei, a darmi forza.
Ricordo come la vedevo, tesa allo spasimo attendendo il momento irripetibile e perfetto per inchiodare le mie scelte e sbattermi addosso la certezza artefatta che non la capissi, per colpirmi e colpirmi ancora e restare a guardare lo scempio, a volermi mostrare che per tutto questo tempo non aveva aspettato altro che questo; e sperare quasi che mi piacesse.

    un buco in pieno petto, l'altare
Muore l'utopia al potere
in un alveare di voci, fiaccole
strette in cerchio, vetri azzurri
in viaggio verso nord

        tre scalini, il coro ligneo
Figli degli anni dell'istinto
schiavi, confezioni di sensi
imposti dai signori del tramonto.
Bellissimi e redenti, chiunque ci seguiva
attenderà il nostro ritorno
ancora un po'.

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